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Cold war

 

"Oscar e dintorni", prosegue il ciclo del cineforum dedicato alle produzioni accolte nella più scintillante notte hollywoodiana con Cold war. Lunedì 18 marzo alle 21 al teatro di via Dante la pellicola del regista polacco Paweł Pawlikowski narrerà una drammatica storia d'amore tra i due lati della cortina di ferro non così semplicemente scavalcabile per i cuori più sensibili, coniugata utilizzando i forti contrasti del bianco e nero.

La trama

Nella Polonia alle soglie degli anni Cinquanta, la giovanissima Zula viene scelta per far parte di una compagnia di danze e canti popolari. Tra lei e Wiktor, il direttore del coro, nasce un grande amore, ma nel '52, nel corso di un'esibizione nella Berlino orientale, lui sconfina e lei non ha il coraggio di seguirlo. S'incontreranno di nuovo, nella Parigi della scena artistica, diversamente accompagnati , ancora innamorati. Ma stare insieme è impossibile, perché la loro felicità è perennemente ostacolata da una barriera di qualche tipo, politica o psicologica.

 

La recensione

Mette quasi a disagio quella dedica finale, che appare dopo 85 intensissimi, drammatici minuti di Cold War: ai miei genitori. Lo spettatore ha appena assistito all'ultima fiammata di una struggente, disperata, passionale storia d'amore, imprigionata in una rigorosissima veste formale ed ecco una nota, una postilla che potrebbe risultare quasi sentimentale. Non c'è nulla di sentimentale o tenero nel film, che pure ritrae una delle più travolgenti storie d'amore viste al cinema nell'ultimo decennio. Una storia che il regista premio Oscar per Ida ha sublimato distillando 40 anni di burrascosa vita sentimentale dei suoi genitori, spesi a rincorrersi da una parte all'altra della Cortina di Ferro. Viktor e Zula, lui pianista e arrangiatore colto e malinconico, lei giovane ambiziosa dal passato oscuro, nascono dai ricordi di Pawlikowski bambino, in una Varsavia dove l'oppressione governativa arriva tra le mura domestiche e dove suo padre e sua madre sono incapaci di vivere separati ma anche di stare insieme.

Dopo avern lavorato in mezza Europa il regista è rientrato a Varsavia per girare Ida e - come lui stesso sottolinea - con l'età sente crescere il richiamo dei ricordi, del passato e quindi della sua patria. Se Ida era un film intimista e religioso, definito da molti "un film preghiera", Cold War è una pellicola intima e personale, una fiammata imprigionata in un splendido blocco di cristallo. Girato come di consueto per Pawlikowski in 16 mm e con il formato "accademico" di 1:1:33 (dall'aspetto quasi quadrato), Cold War è ancora una volta un'esperienza visiva sublime e rigorosa.
(www.mondofox.it)