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Incontro d'autore: conversando con Dino Azzalin

 

Sabato 16 novembre 2019 , siete invitati ad un nuovo Incontro d’autore. Alle ore 17presso la sala conferenze della Biblioteca Civica di Castellanza, converseremo con Dino Azzalin che presenterà il suo primo romanzo: Una lunga giornata, edito da Edizioni SE.
Il romanzo di Dino Azzalin ha tutta la potenza del suo genere che mescola le note del giallo a quelle del thriller psicologico.
Siamo a Stresa e Philippe, maturo dongiovanni della zona, viene posto in stato di fermo giudiziario perché pesantemente sospettato della sparizione di Doris, giovane figlia di Ruxana, sua bella e conturbante compagna. Dentro la cella della casa circondariale di Stresa prende corpo un dialogo singolare, che non è quello tra investigante e investigato bensì quello tra due uomini che ripercorrono alcune tappe salienti delle loro esistenze, non solo ritrovandosi a rivedere il passato,   ma anche a fare i conti con il presente e a misurarsi con le prospettive di un futuro incerto,   specialmente per quanto sembra riguardare Philippe. Tra le pagine scorrono il sentimento, l’intrigo e l'eros, mai esibiti frontalmente ma come naturale comparto di una segreta storia d'amore tutta da scoprire.

 

Dicono del suo romanzo:
La stregoneria dell’eros, con questa storia, non c’entra. Può sembrare certo che Philippe, il protagonista, apprezzi la parte di uomo senza freni, senz’altra bussola che quella orientata al piacere torbido ed esposto al pericolo estremo, tuttavia la sua indole specializzata di seduttore bon vivant e collezionista fa supporre che tale dinamite egli sappia maneggiarla: senza troppe concessioni al pathos, con eleganza, in un crescendo di cui centellinare ogni nuance. Dalla fredda e squadrata prospettiva del suo interlocutore, il commissario Argento, la riluttanza a esporsi e l’evasività, anzi l’ambiguità del suo cincischiare non lasciano dubbi: Philippe insiste a mantenersi a debito margine dalla scottante questione per cui è trattenuto nella stazione di polizia, perché abituato all’ipocrisia e alla menzogna come tutti i fedifraghi, privi soprattutto della

 

vergogna per ciò che hanno commesso. Ciò che pensa egli debba ammettere, non attiene alla follia, ma all’irresponsabile noncuranza, alla pigrizia di non aver voluto capire restando immobile quando gli eventi hanno iniziato a prendere una brutta piega. Tale griglia semantica ne contiene in potenza molte altre…“Una lunga giornata”, primo romanzo di Dino Azzalin, è quella che Philippe trascorre al commissariato, dove è trattenuto perché sospettato di avere ucciso Doris, figlia di Ruxana, la donna con cui ha da qualche tempo una relazione: Doris è scomparsa, ma l’ultimo che ha visto è stato lui, ci sono prove che lo inchiodano, rendendo inverosimile la sua dichiarazione di totale estraneità all’accaduto, qualunque esso sia. In effetti, la sua morte è stata finora solo presunta e non accertata. Ma è anche, per il protagonista, l’arco temporale di un tuffo a ritroso, nell’humus delle origini. Impegnato a non farsi sopraffare da un ossessivo presagio di morte, esasperante quanto l’attesa dei necessari accertamenti e del verosimile autodafé, lo coglie l’impellenza di un autoesame, come un lungo ‘piano sequenza’ di avvicinamento, sino alla nitida messa a fuoco da parte del lettore dell’essenziale: non solo e non tanto il compiersi dell’epilogo, bensì la consustanzialità della sua storia di formazione con esso. Un epilogo che interrompe la dissezione solo sul piano documentale in realtà lasciando il postumo di un alone non espiabile, sordido. L’orrifico e il mostruoso, infatti, nel momento in cui la scrittura finisce e il mistero pare svelato, hanno appena incominciato a prendere forma.
Come Edipo cieco ai suoi misfatti, fedifrago allo sbando, il protagonista incarna dell’antieroe il timore e il desiderio che la verità si faccia strada da sola, portando a galla non solo l’accaduto ma soprattutto il rimosso. Il non fermarsi sui dettagli e la presunzione di grandiosità avevano sino allora salvato Philippe; ma di maestoso potrebbe invero toccargli solo la medesima parte di cieco agonizzante, di sopravvissuto a una totale spoliazione. Alla finale resa dei conti, a distruggerlo provvederà l’inane pantomima delle evenienze solo accidentali che restano da vivere. Eppure, a dispetto della stretta della sorte, appena tornato in libertà, Philippe si metterà di nuovo a correre.
Se da scoprire ci fosse solo la fine che ha fatto Doris, Philippe non mostrerebbe tanta reticenza: più che a dargli indizi su fatti che già conosce, Argento lo incalza e lo sfida a impersonare se stesso, come in una straordinaria piece teatrale o cinematografica, in gioco ci sono l’uomo e i suoi sogni di fallica onnipotenza. Doris non rappresenta che l’estrinsecazione della legge che lo struttura; se Philippe fosse un’erma bifronte, contrapposta per la nuca ci sarebbe la testa di Doris. Se è vero, come afferma Novalis, che la vita è tutta un ritornare alla casa del padre, cioè, secondo il dettato psicoanalitico, all’imprinting originario e al destino che racchiude, allora quel suo correre a precipizio del finale, potrebbe essere verso un luogo senza ritorno. Confidare, con tale irruzione, di battere sul tempo la sorte lasciando la conclusione aperta, è confidare in ciò che ancora non si conosce, pensare l’impensabile. In questo senso Azzalin, ci consegna un libro ben fatto dove sembrano riconoscersi certi maestri del giallo psicologico del ‘900 e dell’introspezione ossessiva, tipo George Simenon, o Javier Maria. Un testo che certamente va ben al di là di un opera prima.
Patrizia Mari

 

Dino Azzalin Nato a Pontelongo in provincia di Padova ha pubblicato con l’editore Crocetti di Milano quattro raccolte di poesia:
I disordini del ritmo (1985),
Deserti (1994),
Prove di memoria (2006) con prefazione di Andrea Zanzotto, premiato al Giuseppe Dessì e Giustino de Jacobis 2007,
Il pensiero della semina (2018), Premio Città di Como e finalista al XXX Premio Camaiore. Nel 1999 pubblica il primo libro di racconti Via dei consumati (1999) editore Ulivo (Svizzera) Diario d’Africa (2001) che è alla 6a ed. Nuova Editrice Magenta (NEM) piccola casa editrice di cui è animatore e fondatore, e ivi Mani Padamadan -Viaggi di sola andata-2007, questi ultimi dedicati al suo lavoro di medico volontario, soprattutto l’Africa.
Il suo lavoro è stato oggetto di tre tesi (2013) dell’Università di Tor Vergata a Roma, corso di Laurea in Letteratura di Viaggi e una all’Università dell’Insubria (2012). Nel 2010 ha pubblicato con Edizioni del Laboratorio di Modena una plaquette di prose poetiche Guardie ai fuochi. Nel 2016 pubblica con SE un libro di racconti dal titolo Nel pensiero di lei finalista al Premio Trivio. E’ attivo promotor culturale e scientifico a Varese dove esercita la libera professione di medico dentista.

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