1. Inizio pagina
  2. Contenuto della pagina
  3. Menu principale
  4. Menu di Sezione
testata per la stampa della pagina

Contenuto della pagina

2 Aprile 2021 - Giornata mondiale di sensibilizzazione sull'autismo

 

Dal 2007 le Nazioni Unite hanno eletto il 2 aprile come la giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo ("World Autism Awareness Day"). Un'occasione per parlare di questo delicato disturbo neuropsichico e per non dimenticarsi delle famiglie e delle persone che ogni giorno hanno a che fare con l’autismo
Poiché quest'anno in tutti i Paesi del mondo c'è l'emergenza epidemiologica legata al contagio da Covid-19, è ancora più importante accendere i riflettori su questa giornata, ricordando quanto sia importante supportare le famiglie dei bambini con autismo soprattutto in questo periodo così delicato.
L'autismo è un disturbo del neurosviluppo che si manifesta nei primi anni di vita con difficoltà nell'interazione sociale e nella comunicazione e con anomalie nel comportamento. Come spiegato nelle Linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico pubblicate dal Ministero della salute nel 2011, i bambini colpiti possono mostrare difficoltà di grado variabile nel linguaggio e nell'interazione sociale e manifestare comportamenti stereotipati e ripetitivi. Può esserci ritardo mentale, sempre di grado variabile. Inoltre, alcune persone con un disturbo dello spettro autistico  possono mostrare iperstesesie sensoriali, cioè sensibilità molto accentuate a determinati stimoli (luce, suoni, odori, colori, contatti). Per le grandi differenze nelle manifestazioni, gli esperti preferiscono parlare di disturbi dello spettro autistico invece che di autismo.

La diagnosi di autismo

Non è sicuramente semplice procedere a una diagnosi, perché non esistono test o esami strumentali per diagnosticare questo disturbo. La diagnosi è dunque clinica e si basa sull'osservazione di alcune caratteristiche del bambino. Una cosa, però, è sempre vera: prima si fa la diagnosi, meglio è, perché si può intervenire prima e ridurre i sintomi facilitando la crescita del piccolo.
Tra l'altro, secondo un recente studio, la diagnosi di un  disturbo dello spettro autistico avviene più tardi per le bambine rispetto ai maschi, perché i sintomi sono meno evidenti.

Autismo: sintomi e segnali

La presenza dello "sguardo laterale", e cioè la difficoltà di catturare lo sguardo di chi sta parlando; un movimento "a-finalistico", cioè senza scopo apparente, di mani e piedi, e la ripetitività dell'esecuzione di alcune attività. Sono questi alcuni segnali, che non sono prove definitive, che devono però attirare l'attenzione dei genitori di bambini che hanno 2/3 anni circa.
Nel bambino si possono però vedere alcuni segnali precoci anche prima, verso i 10 mesi.

Autismo: le cause

Le cause del Disturbo Autistico non sono ancora chiare. Gli esperti, però, convengono che sia il risultato di diversi fattori ambientali e genetici.
Ecco cosa è utile sapere per non giungere a conclusioni affrettate quando il bambino assume atteggiamenti che possono essere giudicati anomali o, al contrario, per non trascurare segnali che potrebbero, invece, essere campanelli d’allarme che sarebbe opportuno ascoltare il prima possibile.

1) Più che di autismo meglio parlare di disturbi dello spettro autistico

In passato lo si riteneva lo stadio infantile della psicosi, mentre oggi si sa che l’autismo è un cosiddetto “disturbo neurobiologico”, con caratteristiche proprie e un andamento stabile, che in qualche caso può tendere al miglioramento con il passare del tempo.
Poiché l’autismo può esprimersi a vari livelli di gravità è considerato più corretto parlare di “spettro autistico”, secondo la nuova, quinta, edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Dsm V), il manuale di riferimento per tutti i disturbi riguardanti la sfera della salute mentale.
La definizione 'spettro autistico' sottintende proprio la possibilità che vi siano forme più o meno gravi.

2) I possibili sintomi dell'autismo

L’autismo è caratterizzato dall’incapacità di interagire con il mondo esterno. Si manifesta con chiusura nei confronti degli altri, mancato apprendimento del linguaggio (50% dei casi) o, inappropriato utilizzo della comunicazione verbale.
Si associano tendenza a isolarsi, ripetitività di particolari comportamenti (per esempio, dondolare con il corpo), incapacità di capire le espressioni e gli atteggiamenti che caratterizzano la normale vita sociale e affettiva (per esempio, abbracci e sorrisi).
I sintomi non sono uguali per tutti e variano anche a seconda della gravità del disturbo.

3) L'autismo non è in forte aumento ma ci sono più diagnosi

Negli ultimi anni tra la gente comune si è fatta strada l’idea che l’autismo sia in forte aumento. In realtà non è sicuro che sia proprio così: è possibile, infatti, che il numero di casi registrati, superiore rispetto al passato, sia dovuto a una maggiore conoscenza della malattia da cui derivano più possibilità di diagnosticarla. Attualmente si stima che il disturbo dello spettro autistico colpisca 4-6 bambini ogni mille nati. La prevalenza è nei maschi, in un rapporto 4 a 1. Dati precisi riferiti al passato non ce ne sono.

4) La prima diagnosi può essere fatta tra i due e i tre anni di vita

E’ intorno ai due anni-due anni e mezzo di età che si può porre diagnosi di autismo con sicurezza, anche se alcuni segnali si possono cogliere precocemente (vedi punto successivo). Di certo il disturbo non può comparire all’improvviso dopo i tre anni di età, se prima di quest’epoca non vi è stata alcuna avvisaglia.
La diagnosi spetta al neuropsichatra infantile, a cui in genere i genitori vengono indirizzati dal pediatra di base, che di solito è il primo a rilevare l’esistenza di un problema, anche grazie a quanto racconta la mamma.

5) Inutile azzardare diagnosi fai-da-te. Meglio rivolgersi a uno specialista (e poi chiedere un secondo parere)

A sei-otto mesi di vita possono evidenziarsi i primi segni di autismo, anche se per azzardare un’ipotesi oltre che aspettare che il bambino diventi più grandicello, ci vuole estrema cautela e, soprattutto, l’irrinunciabile supporto di uno specialista.
Ecco quali segnali possono suggerire il problema: il bambino non tende le manine verso la mamma per essere preso in braccio; non manifesta reazioni particolari quando la mamma compare; reagisce poco ai suoni; ha un pianto difficile da interpretare; è molto irritabile.
E’ però possibile che fino agli 8-16 mesi di vita (circa) il bambino abbia comportamenti quasi normali e che il disturbo cominci a manifestarsi vistosamente dopo questa epoca: in una simile eventualità si parla di “caduta delle competenze”.

6) I possibili segnali di indifferenza verso la mamma e alcuni giochi

Tra i 12 e i 24 mesi si dimostra del tutto indifferente nei confronti della madre: non piange quando lei si allontana, non le sorride quando si avvicina.
Non manifesta interesse nei confronti di giochi come il “nascondino del viso” (“bau – sette), non appare divertito se gli si cantano canzoncine
Quando guarda un oggetto per afferrarlo non cerca con lo sguardo la collaborazione della mamma per riuscire nell’intento.
Inoltre non cerca di coinvolgerla nei giochi o quando osserva le figure di un libro.
Può non pronunciare alcun monosillabo (“ma”; “ba”; “pa”). Non comprende i divieti (“Non fare questo!”); non ubbidisce a semplici ordini (“Prendi la palla!”); non reagisce alle lodi; non esprime emozioni appropriate alle specifiche circostanze.

7) La chiusura del canale comunicativo

Dai 24 mesi in avanti diventa assolutamente inequivocabile che tutti i sistemi di comunicazione, verbale e non, sono alterati: si parla di “chiusura del canale comunicativo”. In particolare, il bambino non interagisce in alcun modo con le persone che lo circondano (non sorride, non guarda negli occhi, non dimostra gioia, sorpresa, curiosità).
Tende a non comprendere neppure uno tra i più semplici codici di comunicazione; è insofferente verso il contatto fisico; non ha mai alcun moto affettuoso; non è attratto dalla compagnia di altri bambini; può avere crisi di paura ingiustificata; è più a suo agio quando è da solo. Può non aver acquisito alcuna forma di linguaggio oppure può usare in modo ripetitivo solo poche parole o frasi.

8) Le cause dell'autismo non sono ancora del tutto chiare

Per quanto riguarda le cause non sono ancora del tutto chiare, anche se gli ultimi studi sull’argomento hanno permesso di fare un po’ di luce. L’ipotesi che oggi gode di maggiore credito è che il disturbo si sviluppi, anche in assenza di fattori scatenanti, come conseguenza di un’alterazione a livello cerebrale (da qui la definizione di disturbo neurobiologico) influenzata dalla genetica.
Questo spiegherebbe perché l’autismo nei gemelli monozigoti interessa entrambi nel 70% dei casi.
Per quanto riguarda il tipo di alterazione cerebrale, è piuttosto accreditata la teoria che sia rappresentata da un problema relativo ai cosiddetti “neuroni specchio”, cellule specializzate del cervello che governano l’empatia (capacità di comprendere gli stati d’animo dei propri interlocutore) e che, soprattutto nei primi anni di vita, consentono l’apprendimento per imitazione.

9) Smentita la correlazione tra vaccini e autismo

Per la spinosa questione della presunta responsabilità del vaccino MPR (contro morbillo, parotite, rosolia), l’intera Comunità scientifica è concorde nel respingere una simile accusa in quanto nulla è mai stato dimostrato al riguardo. Gli studi effettuati su bambini vaccinati e non vaccinati hanno evidenziato che l’incidenza dell’autismo era la stessa sui due gruppi.
La prestigiosa rivista scientifica The Lancet ha ufficialmente smentito la possibilità che vi sia un collegamento tra autismo e vaccino trivalente, mentre l’altrettanto autorevole British Medical Journal, oltre a decretare l’infondatezza della relazione autismo-vaccinazioni, ha affermato che chi sostiene il contrario sia mosso da pregiudizi ideologici e interessi economici. Per contro il vaccino, in particolare l’anti-morbillo, mette al riparo il bambino dai tutti i rischi connessi allo sviluppo di questa pericolosa malattia.

10) La terapia di riabilitazione favorisce l'autonomia

Almeno fino a ora non è stata scoperta alcuna cura davvero efficace per contrastare l’autismo che è dunque un disturbo che perdura per tutto l’arco della vita. Posto questo, esistono interventi di riabilitazione che possono consentire al bambino di raggiungere un certo livello di autonomia e le cui probabilità di successo sono maggiori se vengono effettuati precocemente.
I trattamenti di riabilitazione prevedono sempre il coinvolgimento dei genitori e hanno per obiettivo favorire il più possibile l’autonomia del bambino. Quando in famiglia emerge un simile problema è consigliabile prendere contatto con i servizi di neuropsichiatria infantile della ASL del proprio territorio.