Cineforum 2025-2026 - L'ultimo turno / Presence

Dettagli della notizia

Riprendono il via le proiezioni della rassegna Cineforum 2025/2026 tutti i lunedì sera alle ore 21,00

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Cineforum 2025-2026 - L'ultimo turno / Presence

Descrizione

L’Associazione Amici del Teatro, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Castellanza e la Parrocchia S. Giulio, propone il CINEFORUM 2024/2025.

Le proiezioni si terranno al LUNEDÌ ore 21,00 presso il CINEMA TEATRO DANTE di Via Dante n. 5 in Castellanza. Ogni inizio ciclo sarà introdotto dal critico cinematografico ENRICO DANESI..


Il giro del mondo in 8 film

In questa sezione il Cineforum andrà a sondare come la cinematografia viene declinata in ogni andito del pianteta Terra. Durante questo viaggio virtuale si potrà apprezzare uno spaccato di culture, paesaggi e narrazioni lontane.


Trama

Floria lavora come infermiera in un ospedale cantonale svizzero: è giovane, abile, esperta, disponibile. E come succede sempre più spesso, insieme a una sola altra collega è l'unica di turno nel suo reparto e può contare giusto sull'apporto di una studentessa in tirocinio. Nonostante ciò, Floria riesce incredibilmente a occuparsi di tutti i pazienti, consolando un'anziana signora sola, promettendo a un paziente in perenne attesa l'arrivo imminente del medico, parlando con i parenti di una donna in punto di morte, sopportando le pretese e le ingiurie dei ricoverati con l'assicurazione privata. Per Floria il turno è infinito, e così la sua pazienza, anche dopo aver commesso un errore potenzialmente disastroso.

Floria, dunque, è una delle poche persone ancora impegnate in un mestiere fondamentale che, a quanto pare, nessuno vuole o sa più fare (e lei lo sa fare benissimo, come ogni paziente infine ammette). Significativamente, nella sua concitata e folle giornata di lavoro nessun medico si presenta in reparto, lasciando a lei e alla collega dell'altro reparto (che si vede a tratti e si immagina impegnata in un'analoga odissea professionale) il compito di reggere un'intera struttura. Potrebbe sembrare una scelta narrativa eccessiva motivata da necessità drammaturgiche, ma la didascalia finale (in cui si aggiunge che in Svizzera il 36% del personale infermieristico abbandona il lavoro dopo appena quattro anni di servizio) fa capire che invece è un puro adattamento della sceneggiatura a un'emergenza reale.

C'è un solo momento, in L'ultimo turno, in cui Floria incontra un medico - e nemmeno in reparto, ma sulle scale di servizio, mentre la chirurga in questione s'appresta ad andare a casa dopo ore di turno - e illustra perfettamente i rapporti di forza che vigono all'interno di un ospedale: le infermiere (o gli infermieri, come quello di cui Floria prende il posto a inizio turno) non hanno che da obbedire ai loro superiori, opponendo al rispetto ottuso delle regole la loro moralità.

Floria, del resto, sa cos'è giusto e cosa è sbagliato, sa quali sono i pazienti con bisogno di supporto e quali da non contraddire; sa quando è il momento di tacere e quando è possibile parlare. «Lei è un angelo», le scrive l'anziano signore ammalato che, stanco di aspettare una visita che non arriverà, fugge dall'ospedale rendendo comunque omaggio all'unica persona che gli ha dato ascolto. Come dimostra il finale - prevedibile, ma in fondo unico momento di sospensione lirica in un racconto dal ritmo forsennato - Floria ha qualcosa di trascendentale, è unica nella sua capacità di stare dietro a tutto, di riuscire in tutto (o quasi), diventando sempre più umana, o meglio più umana dell'umano, e dunque angelica.

La regista Petra Volpe, che ha presentato il film all'ultima Berlinale nella sezione Gala, segue la sua protagonista con la macchina a mano nel corso di lunghi piani-sequenza che trasmettono la concitazione delle sue ore. La tecnica naturalmente impeccabile, per quanto garantita ormai da qualsiasi prodotto cinematografico o televisivo (come nel recente Adolescence, ad esempio), crea un'atmosfera di continua tensione, e punta naturalmente all'identificazione dello spettatore con l'esperienza della protagonista.

Aldilà però della facile struttura narrativa ad accumulo (narrativo e visivo), e pure della scelta un po' discutibile di inserire un risvolto quasi giallo nella lunga notte di Floria (scelta figlia dell'influenza della serialità sul cinema, come se un racconto non potesse non avere un momento thrilling...), L'ultimo turno deve la sua efficacia soprattutto ai rapporti interpersonali che crea.

Stanza dopo stanza, conversazione dopo conversazione, cura dopo cura, la frenesia dei movimenti di Floria si oppone alla debolezza dei suoi pazienti, alla loro rassegnazione dopo scoppi di rabbia, ed è in questi spazi di vita, di contraddizione e in fondo di bellezza (come nel confronto con l'arrogante manager malato di tumore al pancreas), che il film lascia alla sua bravissima interprete Leonie Benesch (conosciuta in La sala professori) il tempo e il modo di mostrarsi come uno dei volti più interessanti del cinema europeo, così fragile da non chiedere altro che empatia e così forte da trascinare il film ben oltre i cliché del cinema medico.

 

Fonte: Mymovies

 


Trama

La famiglia di Chris e Blue, figli di una manager in carriera e di un compassato genitore, si trasferisce in una casa in periferia, un edificio ristrutturato che ha almeno un secolo alle spalle. Blue è ancora traumatizzata per la morte di un'amica, mentre Chris mostra scarsa sensibilità nei suoi confronti e cerca di tirar fuori il meglio dalla vita nel nuovo quartiere. Le dinamiche familiari complesse - una madre più affezionata al figlio che alla figlia, dominante verso il marito - si mescolano alla consapevolezza che nella casa si annida una presenza fantasmatica invisibile, dapprima percepita dalla sola Blue ma poi evidente per tutti.

Unsane raccontava di uno stalker nella dimensione claustrofobica del formato iPhone, Kimi - scritto insieme a David Koepp come Presence - di un intrigo noir nell'era del Covid e delle intelligenze artificiali. In Presence l'ambito è quello dell'horror soprannaturale, ma la scelta di girare il film interamente in una soggettiva grandangolare, aderendo totalmente al punto di vista del fantasma, è il dispositivo che caratterizza il film e lo rende unico. Non solo perché condiziona la narrazione cinematografica, attraverso la tecnica hitchcockiana di dissolvenze in nero che si traducono in passaggi temporali da un giorno all'altro. Ma perché induce a una riflessione più profonda sulla necessità inesauribile di guardare che affligge la società contemporanea.

La soggettiva del fantasma è anche quella effettivamente di Steven Soderbergh, che in Presence è anche cameraman (sotto pseudonimo) oltre che regista. Ma è anche la soggettiva del cinema, che lavora da sempre sul piano teorico con il fantasmatico e che crea situazioni di finzione di fronte a noi. Ma come si pone questo occhio-macchina da presa rispetto a noi spettatori?

Domina il tempo e lo spazio, come il cinema. Si muove liberamente e senza tagli di montaggio per la casa, come il cinema. Assiste anche ai momenti più intimi di sconosciuti, inclusi i rapporti sessuali, come solo il cinema può fare. Soderbergh ribalta la prospettiva di anni di film su home invasions e case infestate, per girare qualcosa che appartiene a questi sottogeneri e al contempo è poco interessato agli stessi. Chi ha accusato la sceneggiatura di Koepp di essere carente o schematica non ha compreso che il livello lineare della trama è volutamente scarnificato e disossato perché la polpa sta altrove, su quel piano teorico che pochi come Soderbergh hanno il potere di semplificare e avvicinare al pubblico di massa (diversamente da molti autori celebrati dai maggiori festival di cinema).

 

C'è sì il macguffin, così come il gioco di inganni con lo spettatore con twist finale alla Shyamalan, ma è come se Soderbergh scherzasse con il cliché utilizzandolo sapientemente, pur di raccontare quel che davvero intende comunicare. Il fantasma, che è da sempre un fondamentale elemento del cinematografo, assume molteplici significati: protezione invisibile e ultraterrena di cui necessita una teenager avvenente in questo triste mondo malato; presenza indiscreta e indissolubilmente associata con la soggettiva del regista che è inevitabilmente voyeuristica (e si rifugia nell'armadio come il suo ruolo di "mostro" nel film dell'orrore le impone, da Velluto blu a Babadook).

O, forse, concretizzazione della nostra ossessione scopica, che ci sta conducendo in territori psicologici e comportamentali a noi ignoti, che sta evolvendo la specie umana in qualcosa che ancora non comprendiamo e che ci porta a smarrire l'essenza basilare di ciò che, come specie, ci ha condotto fin nel terzo millennio. Tutto questo, e altro ancora, è celato sotto le sembianze di un film di serie B a basso budget. È un'affermazione che può apparire come una ripetizione, specie a così breve distanza da Black Bag, ma non c'è nessuno che abbia compreso il presente, i suoi limiti e i suoi pericoli, come Steven Soderbergh.

 

Fonte: Mymovies


A chi è rivolto

Le proiezioni del Cineforum sono rivolte a tutti gli amanti del cinema

Date e orari

24 novembre 2025

A cura di

Costo

L’abbonamento all’intera rassegna costa 90 euro (ridotto, 80 euro) mentre l’ingresso per spettacolo singolo è di 5,50 euro (ridotto 4,50).

Ultimo aggiornamento

07/10/2025, 14:23

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